mercoledì 18 giugno 2014

Buona la seconda

E così, con la consegna della pagella, ieri si è conclusa ufficialmente la seconda elementare.
E si è conclusa in una scuola diversa da quella in cui era cominciata.
Perché l'evento più rilevante di questi ultimi due anni, per Gabo, è stato proprio il trasferimento in una nuova scuola.
Privata.
Cattolica.
E nostro figlio non è nemmeno battezzato...

La nostra è stata una fuga da una situazione ormai insostenibile. Per lui e per tutta la nostra famiglia. E per altre sette famiglie, che nel giro di pochi giorni hanno preso la stessa difficile, dolorosa decisione. Per una questione di sopravvivenza psico-fisica.

È impossibile spiegare in poche righe le notti insonni, gli incontri con la dirigenza scolastica, i servizi sociali, la neuropsichiatria infantile, l'amministrazione comunale e pure  un avvocato, di fronte al turbinio di supplenti e di insegnanti di sostegno, pure loro in fuga. Tutti tenuti in ostaggio da un bambino, povera vittima inconsapevole di genitori ignoranti, che non hanno capito quanto male stavano - stanno - facendo a loro figlio e ad altri 23 bambini. Un piccolo malato, bisognoso di cure, violentissimo, così ingestibile da aver portato, a metà della prima elementare, una maestra di grande esperienza a chiedere prima l'aspettativa per motivi di salute, poi il trasferimento in un'altra scuola.
Non la biasimo, anche se per Gabo, come per tutti i suoi compagni,  quell'evento è stato traumatico e destabilizzante, ed è stato solo il primo.

E se lo scorso anno scolastico abbiamo tenuto duro, dicendoci che questo è il mondo reale e non possiamo tenere nostro figlio nella bambagia, già all'inizio della seconda ho realizzato che quella presenza stava causando ferite profonde e difficilmente cicatrizzabili. Mi è stato chiaro quando ho visto con i miei occhi quel bambino tenuto a terra da tre adulti, nel corridoio della scuola, perché non facesse male a se stesso e agli altri.
In quel momento ho capito il significato della parola "ossesso".
E ho cominciato a contattare tutti gli istituti statali nel raggio di 10 chilometri.
Nessuno aveva un posto per mio figlio.

Alla fine, quando ai primi di novembre abbiamo cominciato ad assistere ai primi ritiri (tutti verso scuole private), nel giro di un paio di giorni, e dopo diverse notti insonni, siamo scappati anche noi.

Non è stato facile, per Gabo. Ha dovuto adattarsi a nuovi insegnanti, nuove regole, nuovi compagni, persino in un Comune diverso... e in poche settimane ha fatto uno sforzo immane anche per recuperare i mesi persi a far nulla in classe, con le sue ex maestre impegnate solo a circoscrivere la violenza di quello sfortunato bambino. Ci siamo trovati di fronte a quaderni VUOTI...

Gabo si è impegnato così tanto da trovarsi a soffrire di strani mal di testa, durante le vacanze di Natale. Esami e visite hanno escluso patologie (ma che brutto periodo abbiamo passato...). Poi anche i medici hanno optato per la spiegazione "psicologica".

Ci vorranno ancora mesi, forse anni, per recuperare, anche dal punto di vista degli apprendimenti, il tempo perduto in un anno e due mesi di scuola così drammatici.
Ma Gabo ha almeno recuperato serenità, e noi con lui.

Buona la seconda, insomma.

Ma già penso con ansia alle medie...



2 commenti:

  1. Accidenti che situazione agghiacciante, capisco che siate dovuti letteralmente fuggire. Per fortuna i bambini hanno grande capacità di adattamento, spero che d'ora in poi possiate essere più sereni

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  2. Tanto tempo che non leggevo il tuo blog. Concordo col precedente commento: col massimo rispetto x quel bambino sfortunato la tua ex-classe s' è ritrovata la top ten dei casi che possono far passare 5 anni d' inferno a bimbi e genitori. Talvolta rimango anche stupito x come oggigiorno la scuola italiana sia inerme di fronte a queste cose. Io feci le elementari negli anni 70, quindi in un periodo in cui le insegnanti non potevano già permettersi atteggiamenti troppo autoritari, eppure, nonostante che avessi dei begli elementi da sbarco in classe, la nostra maestra, che era sola, riuscì a tenerci a bada. Ciao, Marco

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